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Giugno 2014

La sfida delle tangenti e della corruzione.

Inizia da oggi una attività di Aggregator che mi porterà a pubblicare gli articoli editi da intellettuali che a mio giudizio hanno una particolare rilevanza. Il primo che mi ha colpito molto è questo di Marco Travaglio sulle  rilevazioni del mal costume e la corruzione del politico Italiano. Molto morbida la sua analisi sull'operato del Premier Matteo Renzi che a priori viene visto come onesto ed arrivato da poco ma, si sà non si possono bacchettare tutti. comunque il paradosso culturale è che questo tipo di comportamenti sono ormai entrati nel DNA di tutte le categorie, non passa giorno che si vengono a sapere di fatti di corruzione che coinvolgono tutti gli aspetti del sistema paese. 


#mazzettastaiSerenissima (Marco Travaglio).

05/06/2014 di triskel182

 

Vauro

 

Se esistesse ancora un minimo di decenza, milioni di persone perbene – elettori, giornalisti, intellettuali, eventuali politici e imprenditori – dovrebbero leggersi l’ordinanza dei giudici di Venezia sul caso Mose e poi chiedere umilmente scusa a Beppe Grillo e ai suoi ragazzi. Anni e anni sprecati ad analizzare il suo linguaggio, a spaccare in quattro ogni sua battuta, a deplorare il suo populismo, autoritarismo, giustizialismo, a domandarsi se fosse di destra o di centro o di sinistra, a indignarsi per le sue parolacce, a scandalizzarsi per le sue espulsioni, ad argomentare sui boccoli di Casaleggio e sul colore del suo trench, a irridere le gaffes dei suoi parlamentari, a denunciare l’alleanza con l’improbabile Farage (l’abbiamo fatto anche noi, ed era giusto farlo, ma in un paese normale: dunque non in Italia). Intanto destra, sinistra e centro – quelli che parlano forbito e non hanno i boccoli – rubavano. Rubavano e rubano tutti, e insieme, sempre, regolarmente, scientificamente, indefessamente, su ogni grande e piccola opera, grande e piccolo evento, appalto, consulenza, incarico.

Anzi, ogni grande e piccola opera, grande e piccolo evento, appalto, consulenza, incarico servono soltanto a far girare soldi per poterli rubare. Tutti i più vieti luoghi comuni del qualunquismo bar – sono tutti d’accordo, è tutto un magnamagna – diventano esercizi di minimalismo davanti alla Cloaca Massima che si spalanca non appena si intercetta un telefono, si pedina un vip, si interroga un imprenditore. Basta sollevare un sasso a caso per veder fuggire sorci, pantegane, blatte e bacherozzi maleodoranti con i nostri soldi in bocca, o in pancia (il Mose doveva costare 2 miliardi, ne costerà 6 e ora sappiamo perché). La Grande Razzia che ha divorato l’Italia e continua a ingoiarsene le ultime spoglie superstiti è sopravvissuta a Mani Pulite, agli scandali degli ultimi vent’anni e alla crisi finanziaria, nutrendosi dell’impunità legalizzata, dell’illegalità sdoganata e dell’ipocrisia politichese di chi vorrebbe ancora convincerci che esistono i partiti, le idee, i valori della destra, del centro e della sinistra. 

 Invece esiste soltanto una gigantesca, trasversale, post-ideologica associazione per delinquere che si avventa famelica su ogni occasione per rubare, grassare e ingrassare a spese di quei pochi fessi che ancora si ostinano a pagare le tasse. A ogni scandalo ci raccontano la favola delle mele marce, la frottola della lotta alla corruzione, l’annuncio di regole più severe, la promessa del rinnovamento, della rottamazione. E intanto continuano a rubare, secondo un sistema oliato e collaudato di larghe intese del furto che precede e spiega le larghe intese di governo. E la totale mancanza di opposizione a sinistra negli anni del berlusconismo rampante e rubante. Anche l’art.27 della Costituzione, quello della presunzione di non colpevolezza, diventa una barzelletta se si leggono le carte delle indagini su Expo e sul Mose, dove i protagonisti delinquono in diretta telefonica, o a favore di telecamera: non c’è bisogno della Cassazione, e nemmeno della sentenza di primo grado, per capire che rubavano davvero. Politici, imprenditori, funzionari, generali della Finanza, giudici amministrativi e contabili. Il solito presepe di sempre, che avvera un’altra celebre battuta da bar: a certi livelli “non esistono innocenti, solo colpevoli non ancora presi”. Renzi non ruba, e i suoi fedelissimi sono lì da troppo poco tempo. Ma rischia di diventare il belletto per mascherare un partito marcio con cui – per prenderne il controllo – ha accettato troppi compromessi. Marcio nella testa prim’ancora che nelle tasche. Ieri, senz’aver letto un rigo dell’ordinanza, l’ineffabile Piero Fassino già giurava sulla leggendaria probità del sindaco Orsoni appena arrestato (“chi lo conosce non può dubitare della sua onestà e correttezza”), invitando i giudici ad appurarne al più presto l’innocenza per “consentirgli di tornare alla funzione di sindaco”. Perché, se ne appurassero la colpevolezza cosa cambierebbe? Fassino lo promuoverebbe a suo braccio destro, come ha fatto con Quagliotti pregiudicato per tangenti?

O il Pd gli restituirebbe la tessera, come ha fatto con Greganti pregiudicato per tangenti? La Cloaca Massima è così pervasiva che ogni strumento ordinario per combatterla diventa favoreggiamento. Ma davvero Renzi pensa di affrontarla con il povero Cantone e la sua “task force” di 25 (diconsi 25) collaboratori? O con qualche presunta riforma? A mali estremi, estremi rimedi: cancellare le grandi opere inutili ancora in fase embrionale, dal Tav Torino-Lione al Terzo Valico; cacciare ogni inquisito dai governi locali e nazionali; radiare dai contratti pubblici tutte le imprese coinvolte in storie di tangenti; introdurre gli agenti provocatori per saggiare la correttezza dei pubblici amministratori (come negli Usa); imporre a chi vuole concorrere ad appalti una dichiarazione in cui accettano di essere intercettati, a prescindere da ipotesi di reato (come fece Rudy Giuliani sindaco di New York); piantarla con le “svuotacarceri” (l’ultima è a pag. 7), costruire nuovi penitenziari e, nell’attesa, riattare caserme dismesse per ospitare i delinquenti che devono stare dentro; radere al suolo tutte le leggi contro la giustizia targate destra, centro e sinistra degli ultimi 20 anni. Tutto il resto non è inutile: è complice.

Da Il Fatto Quotidiano del 05/06/2014.

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Il vaso di Pandora.

Tangenti Expo, Mose, l’ira del premier, 

«Lavoro come un pazzo per convincere gli investitori ma il passato sembra voler tornare» 

ora è necessario dare i poteri all’Anticorruzione.

Dalla stampa apprendo le sofferenze del Premier e le sue ipotesi di risoluzione della questione corruzione.

Non ha capito che qui si è aperta una questione:

IL VASO DI PANDORA.

La corruzione va combattuta con regole certe per la vita dei cittadini, diminuzione delle tasse, archivi centrali di registrazione dei redditi, unificazione delle metodiche di raccolta dai fiscali, protocolli di inoltro unici e verificati, facilitazione della creazione di piccole imprese e del lavoro dei giovani ecc.

Non si può bloccare la corruzione con la coercizione e l'arresto se la giustizia è lenta e articolata con tempi di attesa biblici che quando vengono infranti si ritorce contro chi ha forzato la mano indebolendolo. Allego le risposte di Matteo Renzi per cultura e per rispetto delle istituzioni così come lette dai quotidiani.

Quando la notizia dello scandalo del Mose è giunta sulle agenzie di stampa Matteo Renzi non voleva credere ai suoi occhi. Il premier era a colloquio con Raffaele Cantone per definire il problema legato al ruolo del commissario anticorruzione nella vicenda delicatissima dell’Expo, ed ecco arrivare quest’altra tegola. «Sono cose raccapriccianti, che fanno malissimo all’immagine dell’Italia e mai come in questo momento questo è controproducente», è stato poi lo sfogo del presidente del Consiglio. E ancora: «Ma come, io sto lavorando come un pazzo per convincere gli investitori esteri a venire nel nostro Paese e finalmente c’è un interesse da questo punto di vista. Si vede muovere qualcosa, anzi più di qualcosa. Però ecco che il passato sembra voler tornare». «Bisogna muoversi»

Non ci sta, l’inquilino di Palazzo Chigi, a sopportare oltre questo stato di cose. Si è trovato coinvolto suo malgrado nella vicenda dell’Expo, con i cantieri in ritardo, e poi gli arresti e gli avvisi di garanzia. Per cercare di risollevare la situazione ha dovuto «per l’ennesima volta» dire che ci metteva «la faccia», ed ecco arrivare una nuova cattiva novella. Ma ora è l’Expo l’urgenza: «Sarà la vetrina dell’Italia nel mondo: non possiamo sbagliare». Il che significa che non si possono nemmeno bloccare gli appalti delle aziende coinvolte nelle inchieste giudiziarie: vorrebbe dire rallentare tutto, e già la situazione va per le lunghe di per sé perché è partita tardi ben prima che Renzi andasse a Palazzo Chigi. Si potrebbe commissariarle. 

«Bisogna muoversi», è l’imperativo del premier. Il che, tradotto in soldoni, significa dare attuazione ai poteri dell’autorità Anticorruzione. Il premier spera di riuscirci già nel Consiglio dei ministri di venerdì, ma non è affatto detto. Comunque su un punto il presidente del Consiglio è chiaro: non si può creare una super struttura nuova e super poteri che sconfinino da quelli previsti dalla legge che istituisce l’autorità Anticorruzione. Non è questa la strada. La via giusta, piuttosto, è quella di affidare a Cantone la supervisione della gestione dell’Expo, senza bisogno di creare attorno a lui nuovi organismi. Lo stesso Cantone, del resto, nell’incontro di ieri non ha chiesto questo. Il magistrato vuole però che venga data attuazione alla legge. Il che significa, ha spiegato al presidente del Consiglio, «che mi siano date le persone che dovrebbero affiancarmi nel mio lavoro, per esempio. Ma i quattro commissari che dovrebbero far parte con me dell’Anticorruzione non ci sono ancora. E poi dobbiamo aumentare i controlli». «Insomma - è stata la risposta di Renzi - sono tutte cose già previste dalla legge».

Il nuovo ddl anticorruzione

Vero, verissimo. Purché si facciano, è la raccomandazione di Cantone, che con Renzi sembra aver chiarito ogni problema, ma che non sembra fidarsi troppo della politica. «Bisogna stare attenti - è il succo del suo ragionamento - perché ormai quasi sempre dietro le grandi opere si cela la corruzione». Ed è proprio per evitare che continui il dilagare di questo fenomeno - perché, ribadisce Renzi, «deve essere chiaro a tutti che questa ormai è una roba che appartiene al passato dell’Italia, il nostro Paese non sarà mai più quella cosa là» - che si sta pensando anche ad altro. Oltre a rendere operativa la legge Severino, in modo che si definiscano una volta per tutti i poteri di Cantone, il governo sta valutando l’opportunità di elaborare il testo di un nuovo ddl anticorruzione da presentare in Senato, anche questo come un segnale «forte» per «far capire che si sta facendo sul serio». Comunque, pure Cantone fa «sul serio» e prima che il provvedimento che lo riguarda arrivi in Consiglio dei ministri vorrebbe «vederlo» ed «essere consultato».

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Partiamo da un ossimoro: l'Italia è un paese libero

Dopo aver celebrato la festa della Repubblica, mi sorge spontaneo il pensiero di come questa sia rappresentata in tutte le sue articolazioni.

Analizziamo il concetto di libertà partendo dalla sua definizione più conclamata: La autodeterminazione delle proprie scelte.

Come può il cittadino italiano autodeterminare le proprie scelte quando i suoi gradi di libertà si sono ridotti via via sempre di più.

Possiamo si decidere di mangiare una pasta asciutta o una pizza, di andare al mare o in montagna ma, sulle altre scelte più importanti quali sono le alternative disponibili?

Ecco alcuni degli aspetti che ci condizionano pesantemente: non siamo padroni dell'informazione che si trova nelle mani di lobbies finanziarie e culturali che decidono cosa farci sapere e sopratutto quando farci sapere, non siamo padroni del debito pubblico, soggiaciamo al fiscal compact Europeo, abbiamo ceduto la sovranità monetaria, stiamo svendendo i gioielli industriali e/o li abbiamo de localizzati, abbiamo perso la seconda guerra mondiale e siamo servi degli americani, per lo stesso motivo non abbiamo poteri militari e diamo ostello agli armamenti della Nato, soggiaciamo alle ingerenze delle banche di affari che piano piano si stanno comprando tutto quello che ancora vale del paese, non siamo più leader della moda perchè i francesi si stanno comprando tutti i nostri atelier, siamo controllati dalle famiglie nobili Italiane che in assenza di leggi Antitrust sradicano tutti i paletti della libera concorrenza, non abbiamo mai avuto le così dette Public Company o società a capitale diffuso. Potrei scrivere tantissime altre situazioni in cui noi cittadini non possiamo operare in assoluta libertà ma, quella che sorge spontanea e che più mi indigna è che siamo governati da un manipolo di personaggi nominati e non eletti da organizzazioni denominate partiti che hanno costituito, insieme al loro potere finanziario bancario o industriale, delle vere aziende che decidono le sorti della nostra Italia. 

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Il Fondo di Redenzione Europeo, un altro problema per l'Italia

Le specifiche tecniche di questa altra alchimia che nel caso di un peggioramento della situazione economica italiana ci condizionerà in maniera disastrosa.

E.R.F.
Il Fondo di Redenzione Europeo ( E.R.F.) , creato senza nessun mandato popolare, è stato voluto da personaggi celebri quali Angela Merkel, Cristine Lagarde, Mario Draghi, Josè Manuel Durão Barroso, Hermann Van Rompuy ,Olli Rhen , Jean Claude Juncker. 
Lo scopo di questo fondo nella loro visione contorta è quello di redimere gli stati membri dell'unione dal debito pubblico che è visto come il male, praticamente il peccato orginale.
Il paese che pagherà il prezzo più alto è l'Italia, con un debito che nel 2013 ammontava a 1013,33 mld. di euro. 

CONSEGUENZE
I preziosi beni storici e artistici sono in pericolo in quanto saranno usati per pagare questo debito. L'azione è già partita con l'approvazione, da parte del Governo Renzi, del piano di privatizzazioni statali di Enav e Poste Italiane che dovrà essere convertito in decreto entro il prossimo mese di giugno.
A seguire toccherà ad altri enti come Eni e Finmeccanica.
Seguirà l'aumento dell'Iva e arriveranno nuove pesantissime manovre finanziarie.
Questa quota capitale così prodotta confluirà nel Fondo di Redenzione Europeo amministrato dal Consiglio degli undici.
sovranità stati a rischio
Fondo di redenzione
CASI DI INSOLVENZA
Dunque, se fino a qui non vi siete ancora indignati non avete ancora visto tutto.
Il peggio arriva adesso!
Sapete che succede se uno stato non paga la sua quota al Fondo di Redenzione Europeo?
Basta leggere quello che dice l'articolo 10bis circa l'assoggettamento di uno Stato membro a tutela giuridica.
In base a questo la commissione degli undici sopra richiamata può porre sotto tutela giuridica tale Stato.
Praticamente si azzera così la sovranità di uno stato, decretandone il fallimento !!!!
Questa risoluzione che è denominata Gauzes dal nome del relatore entrerà in vigore dal 2017.
Lo Stato insolvente viene commissariato, spogliato di tutte le sue riserve di oro.

DEDUZIONI 
Ogni nuovo trattato di questa Unione Europea ( MAASTRICHT, LISBONA, VELSEN, M.E.S., FISCAL COMPACT, E.R.F. ) pone sempre limitazioni alla sovranità e alla autodeterminazione dei popoli, condannando i paesi sempre meno competitivi a politiche di austerità sempre più stringenti e debilitanti.
Apparirà chiaro ora come l'Unione Europea non sia ciò che ci era stato promesso, ossia una comunità di stati dove si sarebbe dovuto prosperare più tranquillamente, quanto piuttosto una sorta di dittatura economica che riconosce solo il libero mercato e lo spread, anziché la libertà e la democrazia.

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Guerra fredda, terrorismo indotto, golpe taglia governo.

Come gli americani hanno voluto il cambio al vertice del governo nel 2011 e la nomina di un loro sponsor senza la legittimità del parlamento, così escono le toppe della strage delle torri gemelle. Gli assassini che hanno realizzato le stragi non volevano la distruzione totale delle torri ma solo di alcuni piani.... diciamo che gli ha detto male.
Putin sta progettando di rilasciare prove che dimostrano come l’11 settembre sia stato un lavoro interno.
Mentre le tensioni tra Stati Uniti e Russia rimangono ad un livello elevato paragonabile solo a quello della guerra fredda, sembra che Putin ne ha avuto abbastanza dei capricci di Obama. Diversi analisti hanno recentemente ipotizzato che, per mettere Obama al suo posto, una volta per tutte, Putin si è organizzato per rilasciare le prove (ad esempio immagini satellitari) nella sua posizione che riveleranno che gli attacchi terroristici dell’11 Settembre sono un lavoro interno.
Questi cosiddetti “lavori interni” sono meglio conosciuti come attacchi falsa bandiera appositamente e strategicamente progettati in modo tale da ingannare il pubblico e costringerlo a pensare qualcosa che non è vero. In altre parole, i funzionari americani avrebbero progettato di eseguire un attacco contro l’America e la sua gente per farlo apparire come se una certa entità nemica avesse effettuato l’atrocità, la strage dell'11 Settembre.
Questo è solo il caso in cui l’America ha dimostrato interesse nella patria del gruppo attribuito. Come molti hanno spiegato in precedenza, da entrambi i lati gli Stati Uniti avevano un interesse pesante sul petrolio e si pensa quello sia stato il motivo per presunti attacchi sotto falsa bandiera.
Diversi casi documentati sono stati esposti mostrando che questo non sarebbe nulla di nuovo per i militari americani per il perseguimento di interessi egoistici. Stando così le cose, sembra come se il resto del mondo stia diventando stanco dell’impatto che America sta avendo e del modo in cui svolge la sua agenda. 
Nel tentativo di giustificare il governo per quello che avrebbe fatto uccidere gli americani nel tentativo di invadere altrove e poi uccidere cittadini ovunque si trovino – alcuni hanno minacciato di far trapelare dettagli militari per esporre le atrocità americane. La più recente speculazione è caduta su Putin che ha detto di avere alcune immagini satellitari che dimostrano, senza ombra di dubbio, che l’America è stata complice di un attacco di falsa bandiera.
Presumibilmente dimostrando che gli attacchi dell’11 Settembre sono stati eseguiti da funzionari americani – bene, si possono immaginare le ripercussioni. Tutta la fede e fiducia nel governo sarebbe disintegrata, tumulti scoppierebbero per le strade e, forse, avrebbe inizio una rivolta civile.
Detto questo, immaginate come verrebbe vista l’America sulla scena mondiale. Un facile bersaglio per gli estremisti islamici o forse un cambio di gestione da parte di una superpotenza concorrente straniera? Anche se questi scenari possono essere temporanei, potete immaginare come altre forze potrebbero facilmente approfittare di una tale situazione. Ma nel frattempo i cowboy si sono prodigati a far cadere il governo Italiano in quanto troppo vicino alla Libia ed alla Russia con i quali aveva pensato di fare affari per quanto riguarda il gasdotto nel mediterraneo e gli approvvigionamenti di petrolio dalla Libia.

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La destra trova l'orfano Fini che alla sua politica fece pagare il fio.

Le belle promesse del grande Fini, Il peggiore uomo della destra italiana, l'uomo che l'ha distrutta vendendosi a Berlusconi pensando di fare il più grande partito d'Italia. Speriamo che si goda la sua lauta pensione. Anche se da uomo di sinistra uno come lui così bravo a fare disastri mi farebbe comodo, uno che è “Pronto a tornare in politica dicendo che la Destra italiana non può seguire Le Pen”

In un'intervista al Messaggero l'ex leader di Alleanza Nazionale critica la linea seguita da Forza Italia e appoggia il percorso seguito finora dal Nuovo Centrodestra. Poi l'attacco a Fratelli d'Italia: "Hanno utilizzato la nostra storia senza conoscerla"

Gianfranco Fini è pronto a tornare in politica per dare forma a un nuovo centrodestra. Come ha raccontato lui stesso in un’intervista al Messaggero: “Sto ragionando con me stesso e con altri amici per vedere se ci sono le possibilità di far sentire una voce organizzata di una destra che non ha nulla a che vedere con quella rimasta in campo. L’Italia ha bisogno di una destra che non scimmiotti Marine Le Pen e che non abbia come unico obiettivo quello di alleanze a prescindere dai programmi e dai valori di riferimento”. 

L’ex esponente di Alleanza Nazionale fa una riflessione anche sui risultati delle Europee: “Renzi ha avuto un’affermazione innegabile. Il centrodestra al contrario versa in una condizione di assoluta difficoltà non solo per il calo evidente di voti e nemmeno per il problema della leadership che pure c’è ed è evidente”. La soluzione? Sicuramente non quella proposta da Fratelli d’Italia: “Il neolepenismo di Fdi, che ha utilizzato anche la storia di An senza conoscerla pur avendone fatto parte, scimmiotta in Italia la politica nazionalista e per certi aspetti xenofoba di Le Pen e non ha nulla a che vedere con una cultura autenticamente di centrodestra”.

Fini appoggia soltanto la linea seguita dal Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano: “Quella del Ncd, che pure ha pagato un prezzo salato, è la linea giusta almeno in questa fase”. Il problema, secondo Fini, restano i contenuti: “Cosa vuol dire una politica di centrodestra? E’ quella che sta facendo il Ncd che appoggia il governo? O è quella che fa Fi di netta contrapposizione al governo? Su troppi temi non c’è un messaggio unitario”. 

E proprio nei giorni del dibattito tra Silvio Berlusconi e Raffaele Fitto sulle primarie, Fini interviene sulla questione:  ”Il problema delle primarie è l’ultimo, così come ultimo è quello della leadership”, sottolinea. “Le leadership non si nominano a tavolino o si inventano. Il problema fondamentale è cosa vuol dire oggi una politica di centrodestra. Se non si riparte ognuno dalla propria attuale posizione con un lavoro di approfondimento, di contenuto e di programma, non si va da nessuna parte”.

Intanto continua a tenere banco la possibilità di un centrodestra moderato,come auspicato nei giorni scorsi da Alfano; anche Maria Stella Gelmini (Fi) dichiara che il suo partito è pronto “a dialogare con tutti. Tra l’altro Alfano mostra di condividere quanto noi di Forza Italia diciamo da sempre, cioè che divisi non si vince. Uniti nella confusione, però, non si va molto lontano”, ha sottolineato. “Non voglio polemizzare con Alfano, tanto più che le sue riflessioni meritano considerazione e rispetto”, continua la Gelmini, “c’è un’ambiguità di Ncd che va sciolta nel tempo e con i fatti”. 

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l'Italia dovrà risarcire i circa 7mila detenuti che hanno fatto ricorso per le condizioni "inumane e degradanti" dovute al sovraffollamento.

Assistiamo da mesi agli scioperi della fame e sete di Pannella che fa digiuno per sollevare la questione delle carceri sovraffollate e indecenti, anche il Re si era persuaso ed il Papa ha assecondato le sue parole ma siamo arrivati al non fare come sempre. Perchè le esigenze del paese sono sempre fuorviate verso le questioni urgenti inutili. Fuori questo parlamento di nominati, c'è bisogno di un cambiamento attrezziamoci succederà presto.

Sicchè dall'Europa è arrivato l'avviso sulle Carceri, ed è in arrivo la stangata europea da 100 milioni. Ma il governo punta a proroga, per incapacità di giudizio.

Il Consiglio d'Europa decide fra il 3 e il 5 giugno se l'Italia dovrà risarcire i circa 7mila detenuti che hanno fatto ricorso per le condizioni "inumane e degradanti" dovute al sovraffollamento. Ma il ministro Orlando si mostra ottimista. Dopo lo "svuota carceri" il nostro Paese potrebbe ottenere una dilazione. Il caso aperto dalla sentenza Torreggiani

Arriverà fra il 3 e il 5 giugno la sentenza sul sovraffollamento nelle carceriche potrebbe costare all’Italia fino a 100 milioni di euro. Il tempo concesso al nostro Paese è scaduto e il Comitato dei ministri del Consiglio d’Europadovrà stabilire se rendere o meno esecutiva la condanna definita “mortificante” dal presidente Napolitano.

Nel gennaio 2013 la Corte europea dei diritti umani ha dato ragione a Mino Torreggiani e altri sei detenuti costretti a vivere in meno di tre metri quadrati stabilendo che il nostro Paese ha violato l’articolo 3 della Convenzione europea, che vieta i trattamenti inumani e degradanti. Verdetto poi confermato in appello dalla Grande Camera della Corte di Strasburgo il 27 maggio. Trattandosi di una sentenza pilota, all’Italia è stato dato un anno per correre ai ripari, congelando nel frattempo tutti i casi simili accaduti nel nostro Paese.

In gioco non c’è solo l’immagine dell’Italia, ma anche una importante questione economica. Se le misure attuate non saranno giudicate sufficienti, lo Stato dovrà risarcire migliaia di detenuti che hanno presentato ricorso in questi mesi. Il numero potrebbe arrivare quasi a 7mila, anche se di questi solo circa 4mila riguarderebbero la questione chiave del sovraffollamento. Si tratta in ogni caso di una cifra rilevante, che potrebbe costare alle casse dello Stato fino a 100 milioni di euro (considerando un risarcimento medio di 15 mila euro per ciascun ricorrente).

Il ministro della Giustizia Andrea Orlando ostenta sicurezza, affermando di essere “non trionfalista, ma cautamente ottimista”. “Abbiamo colto apprezzamento a Strasburgo per il rispetto della tabella di marcia” ha detto il ministro. Tra le misure adottate la messa alla prova, le nuove misure sulle droghe, l’affidamento dei tossicodipendenti alle comunità terapeutiche. “Ho la consapevolezza che la situazione è difficile e ci sono punti critici, ma anche la coscienza di aver fatto tutto il possibile”. Oggi, ha rivendicato Orlando “il numero dei detenuti è sceso e continua a scendere, non ci sono più detenuti che vivono in meno di 3 metri quadrati”.

I detenuti nelle carceri italiane sono 59.061, ma resta aperta la questione della capienza. Secondo il Dap i posti regolamentari sono 44 mila, da mesi l’associazione Antigone e i Radicali contestano questo dato, fermandosi a 40 mila.

Il calo del numero dei reclusi potrebbe però non bastare a convincere la Corte europea ad assolverci. “La direzione è quella giusta” afferma Patrizio Gonnella, presidente di Antigone. “Il numero dei detenuti è diminuito di 6mila unità rispetto a un anno fa, ma la distanza da recuperare è ancora grande e ora è importante che ci sia un periodo di osservazione per uscire dai rischi che il sovraffollamento comporta”. Secondo Gonnella è rilevante anche la decisione presa dalla Cassazione sul ricalcolo delle pene a causa della incostituzionalità della Fini-Giovanardi. “Bisogna aspettare per vedere che cosa succederà, i numeri che abbiamo sui detenuti che potrebbero uscire sono spannometrici. Ora bisognerà fare uno sforzo importante per informare, permettere ai detenuti di conoscere quello che è un loro diritto, visto che il ricalcolo non sarà automatico, ma andrà richiesto da ognuno di loro”.

A farsi strada, con l’avvicinarsi della decisione finale di Strasburgo, è l’ipotesi di una nuova proroga: il Consiglio d’Europa potrebbe riconoscere i passi avanti fatti, e valutare una nuova dilazione dei tempi previsti. Una boccata d’ossigeno per il Dap che proprio il giorno in cui è scaduto l’ultimatum della Corte è rimasto senza vertice: è decaduto dal suo incarico il capo dipartimento Giovanni Tamburino, che non ha convinto il ministero della Giustizia proprio sul fronte delle azioni contro il sovraffollamento

di Maria Itri

 
 
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Le dieci multinazionali più pericolose del mondo: svelati reati, segreti e intrecci

Franco Fracassi, uno dei migliori inchiestisti d’Italia, ha riportato l’elenco delle 10 multinazionali più pericolose al mondo, svelandone reati, intrecci e segreti: “Inquinamento dei fiumi e dei mari, finanziamento di guerre e guerriglie, distruzione di terre coltivabili, influenza sulle organizzazioni internazionali per non far approvare trattati o per far modificare leggi e regolamenti, sperimentazione su animali, sfruttamento del lavoro, anche minorile, massiccia deforestazione, uso e diffusione di prodotti transgenici.
Sono tante le multinazionali che violano leggi, commettono crimini e inquinano impunemente il pianeta. La rivista ecologista spagnola "Ecocosas" ha stilato una lista nera delle dieci multinazionali più pericolose al mondo. Eccola.

1. Chevron

Sono diverse la grandi compagnie petrolifere che starebbero in questa lista, ma la Chevron merita un posto d'eccezione. Tra il 1972 e il 1993 la Chevron (allora Texaco) ha riversato 18 miliardi di galloni di acqua tossica nei boschi tropicali dell'Ecuador senza intervenire minimamente, distruggendo i mezzi di sussistenza degli agricoltori locali e facendo ammalare le popolazioni indigene.

Nel 1998 la Chevron ha contaminato anche gli Stati Uniti, la città di Richmond (California) ha querelato la compagnia per smaltimento illegale di sostanze inquinanti senza aver effettuato il trattamento delle acque reflue, contaminando così le forniture di acqua. Lo stesso è accaduto nello New Hampshire nel 2003.

La Chevron è stata responsabile della morte di diversi nigeriani che hanno protestato contro l'impresa per la sua presenza e per lo sfruttamento del delta nigeriano. La compagnia ha pagato la milizia locale conosciuta per i suoi abusi contro i diritti umani, per mettere a tacere le proteste, fornendo loro perfino elicotteri e barche. I militari aprirono il fuoco contro i manifestanti, e rasero poi al suolo i loro villaggi.

2. De Beers

Questa impresa non bada a spese, e finanzia, appoggia e crea autentiche guerriglie e dittature del terrore per poter continuare a ottenere, attraverso lo sfruttamento di bambini e adulti, la pietra preziosa.In Botswana, De Beers è stata accusata per la "pulizia" delle terre da cui estrae i diamanti, e per il trasferimento forzato dei popoli indigeni che vivevano li da migliaia di anni. Pare che il governo abbia tagliato le forniture d'acqua, minacciato, torturato e impiccato pubblicamente i dissidenti.

Per non parlare della sua quasi totale assenza di responsabilità verso l'ambiente, degli inesistenti diritti dei lavoratori, delle vite umane, e delle sue campagne sudice e maschiliste.

3. Philip Morris

Philip Morris è il più grande produttore di sigarette degli Stati Uniti e del mondo. È ormai noto che le sigarette causano cancro nei fumatori, e difetti di nascita nei bambini di madri che fumano durante la gravidanza. Il fumo di sigaretta contiene 43 cancerogeni conosciuti e più di 4.000 sostanze chimiche, incluso il monossido di carbonio, la formaldeide, il cianuro di idrogeno, l'ammoniaca, la nicotina e l'arsenico.

La nicotina, sostanza chimica che costituisce il principale elemento psicoattivo nel tabacco, da dipendenza psicologica. Fumare aumenta la pressione arteriosa, danneggia il sistema nervoso centrale e la costrizione dei vasi sanguigni. Le cicche di sigarette sono uno dei principali inquinanti che i fumatori buttano via quotidianamente e sono lenti a degradarsi. Molti di questi filtri si fanno strada nel terreno o nell'acqua, dove i loro componenti chimici si comportano come vere sanguisughe.

Il tabacco contamina la terra con gli estesi ettari di monocoltura, cosparsi quotidianamente con agrotossici, e anche la sua produzione industriale inquina (si utilizzano, infatti, enormi quantità di carta, cotone, cartone, metallo, combustibili ...), il suo consumo inquina l'atmosfera, danneggia chi le compra e chi sta loro vicino. Le sue cicche impiegano anni a degradarsi disperdendo nel terreno e nell'acqua un'enorme quantità di sostanze tossiche.

4. Coca-Cola

La bevanda preferita del mondo o "il latte del capitalismo", accumula querele e sanzioni in diversi paesi a causa delle gravi contaminazioni, delle cattive pratiche lavorative e per l'uso di acque non autorizzate.

Nella fase di produzione, la compagnia utilizza quasi tre litri di acqua per ogni litro di prodotto finito. Le acque di scarto sono costituite da sostanze inquinanti che la multinazionale deposita in luoghi protetti, come accadde in Colombia, situazione per la quale fu multata nell'agosto scorso dalla Segreteria Regionale per l'Ambiente del municipio di Bogotá. È stato dimostrato che la compagnia aveva scaricato acque residuali nell'Humedal de Capellanía, nella zona di Fontibón.

Il fatto è considerato un attentato contro un'area di speciale importanza e protezione ecologica. Il processo di inquinamento dell'Humedal de Capellanía iniziò con la scadenza del permesso di riversamento concesso alla multinazionale per cinque anni e con la non autorizzazione della Segreteria per l'Ambiente a rinnovare tale permesso. Successivamente, grazie a dei sopralluoghi tecnici, è stato verificato lo stato della rete fognaria di Coca-Cola e la realizzazione di discariche industriali, chiaramente non autorizzate.
Una situazione molto simile si è verificata in India nel 2005, dove un migliaio di manifestanti hanno marciato per chiedere la chiusura dello stabilimento vicino Varanasi. Denunciavano che tutte le comunità vicine agli stabilimenti di imbottigliamento Coca-Cola stessero subendo l'espropriazione delle loro terre e l'inquinamento delle falde acquifere.

Analisi tossicologiche hanno dimostrato la presenza di alte percentuali di pesticidi vietati come il DDT e, da "buoni vicini", hanno distribuito i loro scarichi industriali ai contadini di Mehdigani dicendo che sarebbero serviti da "concime". Il risultato è che oggi quei suoli sono sterili.

Come se non bastasse, la bevanda in questione, oltre a consumare acqua in eccesso, non apporta nessun elemento nutritivo, anzi, contiene alte concentrazioni di zucchero, uno dei fattori che maggiormente contribuisce all'obesità che colpisce sempre di più le popolazioni dei paesi in via di sviluppo, generando inoltre, problemi dentali. L'effetto dissetante è dato dall'acido fosforico.

Inoltre, la Coca-Cola è stata espulsa da diverse università (Atlanta, Toronto, California, Irlanda, Berlino); le bottiglie di plastica di Coca-Cola non sono di materiale riciclato, ma di plastica vergine; guida potenti gruppi di potere, si è opposta al trattato di Kyoto attraverso le sue lobby US Council for International Business e la Business Round Table, è riuscita a far modificare regolamenti nell'Unione Europea attraverso l'American Chamber of Commerce, è la fondatrice dell'International Life Science Institute che influenza molto la Fao e la Oms; la Coca-Cola contiene prodotti transgenici.

La prossima volta che compri una bevanda, ricorda l'inquinamento degli Humedales, l'uso non autorizzato di acque sotterranee, la violenza ecc.

5. Pfizer

Come se la massiccia sperimentazione su animali non fosse già abbastanza straziante, Pfizer ha deciso di utilizzare i bambini nigeriani come fossero porcellini d'India. Nel 1996 la casa farmaceutica andò a Kano, in Nigeria, a testare un antibiotico sperimentale nel terzo mondo, per combattere malattie come il morbillo, il colera e la meningite batterica.

Diedero trovafloxacina a circa 200 bambini. Decine di loro morirono nell'esperimento, mentre molti altri svilupparono malformazioni fisiche e menomazioni mentali. Pfizer può vantarsi anche di essere tra le prime dieci compagnie statunitensi responsabili dell'inquinamento atmosferico. Per non parlare degli incentivi milionari che fornisce ai medici e ai governi affinché prescrivano i suoi "farmaci".

6. McDonald's

Ogni anno migliaia di bambini consumano il fast food ("cibo veloce") di un'impresa responsabile della deforestazione dei boschi, dello sfruttamento dei lavoratori, e della morte di milioni di animali: McDonald's.

Strategie di marketing abilmente architettate hanno permesso l'espansione di McDonald's in 40 paesi, dove l'empatica immagine di Ronald McDonald e il suo Happy Meal, vende ai bambini il gusto per il cibo rapido, associandolo a un'idea di allegria. Questa pubblicità ha avuto un grande successo in diverse parti del mondo, contribuendo agli alti tassi di obesità infantile.

L'alimentazione che propone questa impresa è totalmente carente di sostanze nutrienti. Inoltre, questo cibo è conosciuto in tutto il mondo come "cibo spazzatura", e non è un caso che riceva questo nome.

Gli hamburger e i "nuggets" offerti da McDonald's provengono da animali mantenuti in condizioni artificiali per tutta la loro vita: privati di aria libera e luce solare, vengono ammucchiati al punto da non poter allungare le zampe o le ali (nel caso dei polli), rimpinzati di ormoni per accelerare la crescita e di antibiotici per arrestare le molteplici infezioni alle quali sono esposti a causa delle insalubri condizioni che genera il sovraffollamento.

I polli vengono fatti ingrassare al punto che le zampe non sono più in grado di reggere il loro peso. Per la concessione del franchising, McDonald's acquista a basso prezzo terreni che prima ospitavano boschi tropicali e li deforesta per consacrarli all'allevamento. Offre salari minimi ai suoi dipendenti, approfittando delle minoranze etniche e assumendo minori.

I prodotti di McDonald's, con il loro alto contenuto di grassi, zuccheri e sale, contribuiscono al sovrappeso dei bambini, alla resistenza all'insulina e al conseguente Diabete di Tipo 2. Ah, vi avevo detto che è stata una delle finanziatrici della campagna di George W. Bush?

7. Nestlé

Neslté e la sua enorme distesa di crimini contro l'uomo e la natura, come la massiccia deforestazione nel Borneo - l'habitat degli orango è stato seriamente compromesso - per coltivare la palma da olio, l'acquisto di latte dalle fattorie confiscate illegalmente da un despota in Zimbabwe. La Nestlé iniziò a provocare gli ambientalisti con le sue ridicole affermazioni che l'acqua imbottigliata è "ecologica", da li in poi la sua sinistra rete di controllo e distruzione è andata dipanandosi.

Nestlé ha condotto campagne a livello mondiale per convincere le madri dei paesi in via di sviluppo a utilizzare il suo latte per neonati al posto del latte materno, senza fornire le informazioni sui possibili effetti negativi. Pare che Nestlé abbia assunto donne vestite da infermiere per portare gratuitamente il latte in polvere in questi paesi, latte che viene spesso mischiato con acqua contaminata. I mezzi di informazione non hanno parlato dei bambini morti di fame perché, una volta finito il latte, le loro madri non potevano permettersi di comprarne altro.

8. British Petroleum

Chi potrebbe dimenticare l'esplosione, nel 2010, di una piattaforma petrolifera nella costa del Golfo del Messico, che causò 11 morti oltre alle migliaia di uccelli, tartarughe marine, delfini e altri animali, distruggendo la pesca e l'industria del turismo della regione? Questo non è stato il primo crimine contro la natura commesso dalla Bp.

Tra gennaio del 1997 e marzo del 1998, Bp ha provocato la bellezza di 104 fuoriuscite di petrolio. Tredici lavoratori della squadra di perforazione morirono nel 1965 durante un'esplosione, 15 in un'esplosione nel 2005. Ancora nel 2005, un traghetto che trasportava lavoratori della compagnia, naufragò provocando la morte di 16 di loro. Nel 1991, la Epa (Agenzia ambientale degli stati Uniti) menzionò la Bp come l'impresa più inquinante degli Stati Uniti.

Nel 1999 la compagnia fu accusata di uso illegale di sostanze tossiche in Alaska, poi, nel 2010, di aver immesso pericolosi veleni nell'aria, in Texas. Nel luglio 2006 gli agricoltori colombiani ottennero un accordo con la Bp dopo averla accusata di ricorrere a un regime di terrore portato avanti dai paramilitari del governo colombiano che proteggevano l'oleodotto di Ocensa. Non c'è modo di far agire correttamente la Bp.

9. Monsanto

Monsanto, è l'impresa che ha creato e sostiene gli alimenti geneticamente modificati, gli ormoni della crescita per i bovini, l'avvelenamento con prodotti agrotossici. La lista di Monsanto include: la creazione dei semi "suicidi" (Terminator), brevettati allo scopo di generare piante che non producono semi, costringendo così gli agricoltori a ricomprarli ogni anno; l'istituzione di lobby che etichettino con la dicitura "libero da ormoni" il latte e il latte artificiale per neonati (questa dicitura si trova anche se il bovino ha ingerito ormoni della crescita, un comprovato agente cancerogeno); così come un'ampia gamma di violazioni ambientali e della salute umana associate all'uso dei veleni Monsanto - soprattutto l'Agente Arancio.

Tra il 1965 e il 1972 la Monsanto ha riversato illegalmente tonnellate di residui altamente tossici nelle discariche del Regno Unito. Secondo l'Agenzia per l'Ambiente, trent'anni dopo, i prodotti chimici stavano ancora contaminando le falde acquifere e l'aria.

Monsanto è nota per aggredire i propri agricoltori che invece afferma di "sostenere", come quando denunciò un agricoltore facendolo incarcerare per aver conservato i semi del raccolto di una stagione per piantarli la stagione seguente.

10. Vale

La miniera Vale, transnazionale brasiliana presente in 38 paesi, è la più grande impresa di sfruttamento di minerali dell'America Latina e la seconda a livello mondiale. Tra i vari meriti, spicca quello di aver partecipato allo sviluppo della centrale idroelettrica di Belo Monte, situata ad Altamira, in Brasile.

Il progetto, infatti, ha colpito il fiume Xingú, la principale fonte di sostentamento della regione, causando un drastico cambiamento nel paesaggio amazzonico e nella vita di migliaia di popolazioni che vivono lungo le sponde di uno dei principali fiumi del Brasile.

A Carajás, nella regione brasiliana di Pará, numerose famiglie sono state sgomberate, hanno perso le loro case e ognuno ha qualche parente morto a causa della costruzione della linea ferroviaria realizzata dall'impresa, denunciata anche per le pessime remunerazioni e condizioni di lavoro dei propri impiegati.

Le conseguenze del modo di agire della miniera non si limitano solo al Brasile. Nella regione di Tete, in Mozambico, un'intera popolazione è stata cacciata dalla sua terra affinché l'impresa potesse portare avanti lo sfruttamento del carbone. In cambio l'impresa ha costruito un insediamento in cui le case e i servizi pubblici non sono sufficienti a garantire le condizioni basilari per lo sviluppo della popolazione.

Esistono purtroppo molte altre corporazioni che si sono guadagnate tutto il diritto di essere presenti in questa lista, come la Samsung, la Tepco, Barclays, Microsoft, Intel, Sony. Ma questo ve lo racconteremo la prossima volta.
 
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Le origini dello spread

INTERESSANTE ARTICOLO SULLE ORIGINI DELLO SPREAD, AL QUALE MANCA PERO' L'ANALISI CONCRETA DELLE MODALITA' CHE ALTRI GOVERNI HANNO UTILIZZATO PER FARE IL RIBALTONE DEL 2011. LO SPREAD E' UNO STRUMENTO ECONOMICO NON UN MOTIVO ECONOMICO DI DESTABILIZZAZIONE.

Tutto quello che sullo spread non è stato raccontato, uno studio di De Grauwe e Ji chiarisce molte perplessità di Simone Nastasi.
L'estate del 2011 passerà alla storia per essere stata l'estate dello spread. Non un nuovo aperitivo. Né un ballo prettamente estivo, di quelli che nascono in seguito ad un tormentone musicale. La maggioranza degli italiani, che non vivono di economia e finanza, si è ritrovata ad un tratto a cercare di capire quale fosse il significato della parola “spread”. 
Ma cos'è lo spread? E' stata la domanda più ripetuta in quei giorni di luglio dell'estate 2011. Siamo alla metà di luglio, e sul Financial Times esce una notizia che in apparenza non sembra poi così clamorosa: “ La Deustche Bank ha dichiarato di aver venduto buona parte del suo portafoglio di titoli di Stato italiani”. In pratica, il più importante gruppo finanziario tedesco, aveva fatto sapere che degli 8 miliardi di Btp che deteneva in portafoglio, 7 erano stati venduti. Un solo miliardo di euro di titoli di Stato italiani, quindi, rimaneva in mano ai tedeschi. Questa, in tempi normali, sarebbe potuta essere una notizia importante ma non a tal punto di avere gli effetti di un uragano. Un uragano, per intendersi, finanziario. Quello che è accaduto dopo è storia troppo nota per essere di nuovo raccontata. Basterà, qui ed ora invece, scrivere che, al netto delle posizioni politiche e delle teorie più o meno complottiste, le cause della crisi dello spread sono state oggetto di un' analisi scientifica accuratamente preparata da due economisti della London School of Economics, Paul De Grauwe e Yuemei Ji, dal titolo “ Self-fulfilling crises in the Eurozone”. 

Nel report i due economisti spiegano con l'aiuto dei modelli econometrici come lo spread sia arrivato a crescere in così poco tempo e soprattutto perché. Uno studio che, data l'importanza dell'argomento, forse, avrebbe dovuto avere una maggiore attenzione da parte degli organi di stampa italiani.
L'analisi dei 2 studiosi, si concentra sui Paesi cosiddetti periferici dell'area Euro, tra i quali, insieme al Portogallo, alla Spagna, l'Irlanda e la Grecia, c'è anche l'Italia. E' infatti in questi Paesi che la crisi da spread ha mietuto più vittime, soprattutto in termini di democrazia: i governi, che erano stati eletti dai risultati delle elezioni, si sono dimessi proprio quando il livello dello spread aveva raggiunto livelli, considerati non più sostenibili. Meglio optare per un governo di “esperti”, fu allora la conclusione di qualcuno, che sappia gestire al meglio i passaggi della crisi. Nel caso dell'Italia, si passò da Monti a Berlusconi. E senza entrare nel merito della scelta una domanda sola, potrebbe essere formulata: a conti fatti, per gli italiani, sarà stato meglio o peggio? Non è questa la risposta che si può trovare nello studio di De Grauwe e Ji che per spiegare la crisi dello spread sono partiti da un fattore che definiscono “chiave”: l'assenza di sovranità monetaria. Il fatto cioè che che gli Stati membri dell'Eurozona emettano titoli di debito in una moneta della quale non abbiano il controllo.

E' noto infatti che in Eurolandia, la politica monetaria, non sia più materia per le banche centrali degli Stati ma per quell'organismo sovranazionale che è la Banca Centrale Europea. La quale, per statuto, dovrebbe essere indipendente dal potere politico dei governi. La conseguenza di una simile situazione, scrivono i due economisti, è che gli Stati non possano garantire agli investitori di riuscire a rimborsare il valore del titolo, una volta che lo stesso sia arrivato a scadenza. L'assenza di questa garanzia sarebbe dunque causa di “fragilità” all'interno della moneta unica, dalla quale scaturirebbe l'ulteriore conseguenza, nei mercati finanziari, di una paura diffusa nutrita dagli investitori che impauriti appunto, deciderebbero di destinare altrove le proprie risorse finanziarie. Una simile situazione, in psicologia, è spiegata con la teoria della “profezia che si autoavvera”. in base alla quale da una situazione astratta (una percezione) ne conseguirebbe un'altra ma del tutto concreta (un comportamento). Esempio: ho paura dunque scappo. Questa teoria, secondo i due economisti, servirebbe a spiegare proprio quello che è accaduto in Italia. 

Dove, a fronte di un “sentiment negativo”, una paura appunto, che secondo i due economisti non aveva una giustificazione nei fondamentali macroeconomici del Belpaese, gli investitori hanno iniziato a chiedere al governo italiano di pagare un tasso di interesse sempre maggiore. Lo spread sarebbe allora salito fino ad arrivare ai fatidici 575 punti di distanza dal tasso che il mercato chiedeva di pagare al governo tedesco. Dunque, almeno nel caso italiano, le colpe della crisi non andavano cercate nelle scelte di politica economica dell'allora governo Berlusconi, che ripeteva di aver mantenuto i conti in ordine, quanto piuttosto nelle debolezze della stessa moneta unica. Prima tra tutte, l'assenza di una banca centrale che agisca come lender of last resort, cioè un prestatore ultima istanza, che così facendo, rappresenterebbe una solida garanzia agli occhi dei mercati finanziari, in termini di restituzione del debito a scadenza. Infatti, una banca centrale che agisca in tal modo garantirebbe una presenza costante di liquidità nel circuito monetario di un Paese. Ed eliminerebbe così il rischio che uno Stato risulti insolvente. Oggi, le conseguenze di un'insolvenza, sono assai note. Uno Stato, spogliato della sovranità monetaria, che non avrebbe i soldi per pagare subito i suoi debiti al mercato, per farlo, avrebbe come unica strada percorribile, quello di chiedere aiuto alle istituzioni come il Fondo Monetario. E in questo caso, la procedura è nota: le istituzioni prestano soldi ma agli Stati chiedono garanzie in termini di “riforme”, che non i governi degli Stati ma le istituzioni appunto, sono a decidere. L'insolvenza dunque causerebbe un'ulteriore perdita di sovranità. E' quello che è successo in Grecia. In tutto questo, il dubbio che sorge, potrebbe essere espresso con una sola domanda: ma la sovranità, nelle democrazie, non dovrebbe spettare ai popoli?

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Uno stato che fa scappare i giovani ed i pensionati non è degno di chiamarsi così.

Nel 2013, il numero complessivo degli espatriati in Gran Bretagna è salito del 71%. Negli ultimi due anni, i'incremento di chi si è trasferito all'estero è cresciuto del 55%. La nuova meta è il Brasile.

Non si ferma la grande fuga degli italiani che si trasferiscono all'estero per lavoro. Secondo l'Aire (l'uffici del ministero degli Interni che registra i trasferimenti dei cittadini in altre nazioni), anche nel 2013 i flussi in uscita sono aumentati del 19 per cento, un dato che fa seguito all'incremento del 30 per cento comunicato nel 2012. Questo significa che in soli due anni, gli italiani che hanno varcato i confini sono cresciuti del 55 per cento: erano 61mila nel 2011 e ora sfioriamo i 100mila.

Ma il dato ancora più clamoroso del 2013 riguarda i giovani e l'Inghilterra. Sempre l'anno scorso, nella fascia di età compresa tra i 20 e i 40 anni è stato dell'71 per cento (mentre complessivamente è stato dell'81%). A rivelarlo è stata la trasmissione di Radio24 "Giovani Talenti" che si è procurata i dati ufficiali dell'Aire per il 2013. Con una prevalenza della fascia 20-30 anni (4.531 espatriati) su quella dei 30-40 anni (4.136).

Ma il dato complessivo potrebbe essere ancora più clamoroso se si considera che, secondo gli esperti di flussi migratori, soltanto un italiano su due di solito comunica il suo trasferimento all'estero al Ministero.

I dati rivelano come gli italianis entano l'Europa, sempre di più, come la loro casa. Anche nel 2013, le nazioni del Vecchio Continente sono state la meta preferita di chi si è trasferito, con iltre il 61 per cento del totale. La Gran Bretagna rimane saldamente al primo posto (12.904 espatri), seguita dalla Germania (11.713), Svizzera (10.300), Francia (8.342) e Argentina (7.496), il primo dei paesi non europei. Da segnalare, la crescita dei paesi dalle economie emergenti: nella classifica delle destinazioni, il Brasile ha raggiunto il sesto posto e ha superato gli Stati Uniti, ora settimi.

A preoccupare i nostri governanti, dovrebbe essere il fatto che il fenomeno riguarda in modo più significativo i giovani. L'incremento della fascia dei 20-40 anni è stato del 28,4 per cento, quindi nettamente superiore alla media. In dato che si conferma, in questo caso, visto che anche nel 2012, la crescita era stata del 28,3 per cento.

Oltre ai giovani anche i pensionati in fuga all'estero: le 10 mete migliori per vivere bene con una pensione modesta

ANZIANA

"Paghiamo i medicinali molto meno che in Italia, Fuerteventura è poi una terra aspra e bellissima con un clima sempre primaverile. Che dire, siamo fortunati". Mirta e Rino sono due pensionati che hanno scelto la Spagna per trascorrere la loro anzianità. Come raccontano al sito voglio vivere così.com, hanno avvertito l'esigenza di lasciare l'Italia per vivere dignitosamente con la loro pensione. "Il futuro ora ci spaventa meno", dicono. Non sanno però che i loro connazionali a Panama vivono ancora meglio: è questa la meta dove i pensionati vivono meglio.

Il magazine International Living, ogni anno stila una classifica dei posti dove ritirarsi dopo la pensione. Nella lista del 2014 sono considerate diverse categorie: prezzi al consumo, esenzioni statali, sanità, costo della vita. Dall'incrocio di questi e altri dati, emerge che Panama è l'approdo più comodo per i pensionati, con un punteggio del 91,2. Seguono Ecaduor (91,1) e Malaysia (88,5).

Con sei nazioni nelle prime dieci, il Sud America è il continente che offre la maggiore serenità agli anziani. Nella classifica di International Living c'è anche l'Italia, quattordicesima. Alla voce divertimenti (punteggio 98) è seconda solo alla Francia, ma sconta una forte penalizzazione nei prezzi al consumo e sul costo della vita. Proprio i motivi che spingono i nostri anziani a lasciare il Bel Paese.

Come certifica l'ultimo rapporto Istat, sono 483mila le pensioni erogate all'estero. I nostri anziani, proprio come i giovani, fuggono dalle città italiane a causa del potere d'acquisto abbattuto dalla crisi economica.

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