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Marzo 2016

I serbatoi di pensiero, o “Think Tank” sono molto di moda

L’enorme potere dei “serbatoi di pensiero”

I “serbatoi di pensiero”, o “Think Tank” sono fondazioni dove alcuni fra i migliori cervelli si trovano per partorire idee. Il loro potere sta nell’assunto in base al quale sono le idee a dominare sia la Storia che la politica (specialmente quella economica), e di conseguenza la nostra vita.

Lewis Powell lo comprese assai bene nel 1971, quando diede il via alla riscossa delle élites a danno della democrazia. Infatti egli scrisse: “C’è una guerra ideologica contro il sistema delle imprese e i valori della società occidentale”. La parola ‘ideologica’ è la chiave di lettura: in altri termini se le destre economiche ambivano a riconquistare il mondo, se ambivano a sottomettere la politica, cioè a divenire il vero Potere, si dovevano armare di idee in grado di scalzare ogni altro sistema di vita. Ecco che dalle sue parole nacquero i primi “serbatoi di pensiero”, come la Heritage Foundation , il Manhattan Institute, il Cato Institute, o Accuracy In Academia.

La loro strategia era semplice: raccogliere denaro da donatori facoltosi, raccattare nelle università i cervelli più brillanti, pomparli di sapere a senso unico, di attestati prestigiosi, e immetterli nel sistema di comando della società infiltrandolo in tutto e per tutto. Alcune fondazioni hanno nomi sfacciati, come la Minimal Government, la The Boss, o la Philanthropy Roundtable; una delle più note e aggressive è l’Adam Smith Institute di Londra, che ostenta un’arroganza di potere tale da vantare come proprio motto questo: “Solo ieri le nostre idee erano considerate sulla soglia della follia. Oggi stanno sulle soglie dei Parlamenti”.

Ancora una volta la politica si mostra per ciò che è: la marionetta del vero Potere. Infatti, l’osservatore attento avrà notato che assai spesso politici, banchieri e speculatori finanziari, si ritrovano a cene o convegni presso queste fondazioni (come ad esempio i forum di Davos o di Cernobbio) nel silenzio quasi unanime dei grandi media. In apparenza sono cerimonie noiose, in realtà ciò che vi accade è che i personaggi di cui sopra vi si recano per dar conto di ciò che hanno fatto per compiacere all’idea economica del vero Potere. Nel 1982, l’Adam Smith Institute pubblicò il famigerato Omega Project, uno studio che ebbe ripercussioni enormi sulla gestione delle nostre vite, ove si leggeva che i suoi scopi erano di “fornire un percorso completo per ogni governo basato sui principi di Libero Mercato, minime tasse, minime regolamentazioni per la finanza e governi più marginali”.

(di Simone OngariEconomia Democratica)

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Paulownia la pianta sconosciuta fonte di tante energie.

Roma, storia di Alessandro e Fabrizio: i due trentenni che scommettono sulla pianta del surf

 

A Vermicino il laboratorio di una nuova green economy. "Così portiamo in Italia la coltivazione della Paulownia"

Roma, storia di Alessandro e Fabrizio: i due trentenni che scommettono sulla pianta del surf

La paulownia 

PER qualcuno sono i nuovi pozzi di petrolio, per altri solo delle piante dal nome esotico e ancora sconosciuto ai più. Si chiama Paulownia, viene dalla Cina, ne esistono 12 varietà e dal clone creato in vitro, senza nulla aggiungere al Dna, c'è un business pronto ad esplodere. Non ci hanno messo molto a capirlo due trentenni, l'agrario Alessandro Iannone e il project manager, Fabrizio Marangi che dalla loro base logistica a Vermicino sono riusciti a coltivare a Roma diversi ettari di terreno con l'albero del futuro.
Il progetto è partito un anno fa, ma dopo 12 mesi la start up ha chiuso in attivo. "Un successo - ragiona Marangi - anche perché non abbiamo avuto finanziamenti pubblici. Appena ho intuito le potenzialità, ho telefonato ad Alessandro, gli ho detto: "Vieni, abbiamo tra le mani il futuro della green economy". Anche lui ci ha creduto ed è iniziata l'avventura. Per molto tempo siamo andati alla ricerca di terreni incolti per proporre ai proprietari di avviare dei business alternativi. All'inizio non è stata semplice, ma ora c'è anche chi ci viene a cercare".

Si narra che fosse l'albero preferito da Alessandro Manzoni, all'ombra del quale scrisse "I promessi sposi", ispirò D'Annunzio per l'intenso profumo nel giardino della sua abitazione di Pescara. Certo è che dal legno della Paulownia sono nate le chitarre della Fender, quelle utilizzate anche da Jimi Hendrix, ma la tradizione è ancora più antica perché dalla lavorazione dei fusti sono stati creati anche gli zoccoli dei samurai. È ideale per realizzare tavole da snowboard, sci e surf: "Non a caso ci hanno contattato da Santa Marinella, paradiso per gli appassionati di sport acquatici, per avere informazioni perché vorrebbero realizzare una coltivazione per metterla a reddito, cioè per farla crescere e poi da lì ricavare la materia prima per le tavole".

È un legno leggero, due volte più di quello della quercia tanto che viene chiamata la "pianta di alluminio". È più resistente al fuoco del solito legno di faggio. Si asciuga in fretta, è un ottimo isolante e non trattiene molta umidità, qualità prediletta per la costruzione di finestre o porte. Dalle radici della Paulowniasi ricava la radica delle barche. Dei fiori, maestosi e profumati, sono ghiotte le api: il miele ricavato è leggero, trasparente e aromatico, occhieggia al più famoso di acacia. E le larghe foglie sono delle potentissime mangia CO2, ogni ettaro assorbe 1.200 tonnellate di biossido di carbonio pari a quelle emesse da un'automobile nel corso di 100mila chilometri. Per dire stop all'utilizzazione sempre più selvaggia dei boschi, creare oasi di questi alberi è il business di domani.

E nell'azienda agricola 3.0, la Paulownia rientra di diritto. Ci sono delle piantagioni in via della Muratella all'altezza di Fiumicino, altre in via di Malnome, proprio davanti alla discarica di Malagrotta. Sì perché tra le molte virtù dell'albero c'è anche quella di bonificare il suolo e di riuscire a rigenerarlo. Altre stanno nascendo a Tor Bella Monaca, mentre 10 ettari già si allungano a Tarquinia e Montalto di Castro. "Le piante - spiega Iannone - sono prodotte in Bulgaria per abbassare i costi di ricerca, arrivano in piccole zolle ma vorremmo riuscire a produrle qui". L'investimento è economico, ma il rendimento più che vantaggioso. "Un agricoltore - spiega Iannone - su un ettaro investe tra gli otto e i diecimila euro per la preparazione del terreno, poi c'è l'acquisto delle zolle (600 se ne piantano su ettaro) e la prima concimazione. Dopo un anno si effettua la prima potatura e dopo tre anni il legno è buono per essere utilizzato, ma dopo 13 anni la pianta muore. O, meglio, non è più utilizzabile per fini commerciali, ma resta un bellissimo arbusto ornamentale".

Non teme rivali, resistente come la quercia che però impiega 40 anni per raggiungere grandi dimensioni, la Paulownia ce ne mette appena tre. Sopravvive a meno 30 come a più 50 gradi, tanto che anche a Dubai hanno iniziato a capirne le potenzialità. Chissà che anche gli emiri non siano pronti alla svolta green.

Fonte: http://roma.repubblica.it/cronaca/2016/03/27/news/roma_storia_di_alessandro_e_fabrizio_i_due_trentenni_che_scommettono_sulla_pianta_del_surf-136390471/
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Letture sulla Mafia e "Mafie urbanistica" il nuovo libro di Daniela De Leo

Il nuovo volto della mafia non è più quello tipico di una volta, raccontato al cinema e in tanta letteratura. Sempre più camaleontiche, capaci di infiltarsi nella società attraverso la corruzione, le organizzazioni criminali e mafiose oggi la fanno da padrone anche nell’alta finanza e in molti settori stratetigi, ecco un percorso di letture per saperne di più.

Le mani sulla città. Quelle della mafia. Nel libro Mafie urbanistica. Azioni e responsabilità dei pianificatori nei territori contesi alle organizzazioni criminali(Franco Angeli) Daniela De Leo ricostruisce il modo in cui le organizzazioni criminali riescono ad infiltrarsi nel sistema degli appalti e persino della pianificazione urbana. Grazie alla corruzione, ma anche approfittando più semplicemente delle opacità normative, della mancata condivisione delle scelte urbanistiche da parte di chi amministra, per cui poi alle gare non partecipano sempre imprenditori “sani”… Con questa ricerca De Leo sottolinea l’assoluta necessità di indagare, in maniera più sistematica, le relazioni esistenti tra pianificazione urbanistico-territoriale e organizzazioni criminali. Ma racconta anche alcune significative pratiche di contrasto e, soprattutto, ricerche che hanno permesso di porre il problema all’attenzione della comunità scientifica nazionale e internazionale.

Contro la retoriaca dell’antimafia . Libro scomodo, il nuovo lavoro diGiacomo Di Girolamo, Contro l’antimafia (Il Saggiatore), ha l’impeto di un pamphlet contro la retorica dell’antimafia che ha «finito per rendere la memoria un feticcio, svuotandola di contenuti». Giornalista siciliano che ha vissuto come molti altri della sua generazione ha vissuto la strage di Capaci del 1992 come una «chiamata alle armi», Di Girolamo se la prende con «l’oligarchia dell’antimafia» che finisce per fare il gioco della mafia, ostentando un apparato retorico che nasconde il vuoto di azioni concrete. .Autore del libro Messina Denaro, l’invisibile, (sul potente boss di Cosa nostra ancora in libertà), Di Girolamo afferma di non aver mai avuto paura della mafia come oggi, di fronte all’attribuzione di patenti di antimafioso assegnate con troppa leggerezza, di fronte all’impossibilità di fare una critica all’antimafia che storicamente ha avuto grandissimi meriti ma che- accsa il giornalista – «oggi è ridotta alla reiterazione di riti e mitologie, di gesti e simboli». «Questo circuito autoreferenziale, che si limita a mettere in mostra le sue icone nel prete coraggioso, il giornalista minacciato, il magistrato scortato, – scrive Di Girolamo – non aiuta a cogliere le complesse trasformazioni del fenomeno mafioso. In questo modo si insinuano impostori e speculatori. Intorno all’antimafia ci sono piccoli e grandi affari, dai finanziamenti pubblici ai «progetti per la legalità» alla gestione dei beni confiscati, e accanto ai tanti in buona fede c’è chi ne approfitta per arricchirsi, per fare carriera o per consolidare il proprio potere, in nome di un bene supremo».

La mafia non è solo un problema del Sud E’ in uscita il 10 aprile il saggio diAndrea Leccese Maffia & Co (Armando editore) in cui sono passati a vaglio critico alcuni falsi miti sul fenomeno mafioso. A cominciare dal fatto che riguardi solo il sud. “Maffia” è un termine toscano, fa notare Leccese (che nel 2009 ha vinto il premio “Paolo Borsellino”). Scritto con la doppia effe, fino al secondo dopoguerra, era usato anche per indicare ostentazione e boria. «Di fatto la mafia non è un problema confinato nell’area che va dalla Sicilia alla Campania ma, sin dalle sue origini, era più esteso», sottolinea l’autore. Nel libro – ecco il punto centrale – la mafia è analizzata come fenomeno imprenditoriale funzionale, sotto certi aspetti, alla società capitalistica stessa; un fenomeno che riesce ad arricchirsi e soprattutto a infiltrarsi nella società anche in periodi di crisi, per esempio finanziando imprese che arrancano e che trovano solo porte chiuse in banca. L’obiettivo della mafia, scrive Leccese, è anche diffondere una cultura “mafiosa” che superi il recinto dei “mafiosi in senso stretto”imponendo il proprio modo di fare affari, il proprio modo di gestire l’economia e le relazioni.

Per conntinuare ad approfondire:

Federica Angeli , Il mondo di sotto, Castelvecchi, in cui la giornalista ha raccolto le sue inchieste, su racket e corruzione a Roma

Isaisa Sales, Storia dell’Italia mafiosa, Rubettino. Sales analizza la lunga serie di intrecci tra Stato, mafie e società civile. Nel libro la storia della mafia, della ‘ndrangheta e della camorra viene ricostruita dalla nascita nel Mezzogiorno borbonico, allo sviluppo nell’Italia post unitaria, fino al definitivo affermarsi in età repubblicana, fino ai nostri giorni. E’ una sorta di grande affresco storico che individua le ragioni di fondo di un modello criminale il cui successo dura ininterrottamente da duecento anni.
Giuseppe Ayala, Chi ha paura muore due volte, Mondadori:  il giudice Ayala  ricorda i due attentati di Punta Raisi e di via d’Amelio, che segnarono il momento più drammatico della lotta contro la mafia in Sicilia. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino restano due simboli, non solo dell’antimafia, ma anche di uno Stato italiano che, grazie a loro, seppe ritrovare una serietà e un’onestà senza compromessi. E molto di più per  Giuseppe Ayala, che di entrambi non è stato solo collega, ma grande amico.
Antonio Calabrò I mille morti di Palermo, Mondadori: Calabrò ricostruisce la «mattanza» degli anni Ottanta. La «Milano da bere».  L’escalation cominciò il 23 aprile 1981, quando fu ucciso Stefano Bontade, «il falco», potente boss di Cosa Nostra. Un omicidio che  scompaginò le file delle più antiche famiglie mafiose, ribaltando gerarchie, alleanze, legami d’affari. Ci sarebbero stati poi centinaia di altri morti . Quasi tutti per mano dei corleonesi di Totò Riina e Bernardo Provenzano e dei loro alleati, i Greco, i Brusca, i Marchese.

La foto è di Letizia Battaglia ed è esposta nella mostra Anthologica in corso nello spazio Zac a Palermo fino all’8 maggio

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Omega 3, alimentazione e salute Psico-fisica

Nuovo studio evidenzia che l’integrazione di Omega-3 può contribuire al trattamento de “la Depressione Maggiore”

 

Una nuova meta-analisi pubblicata sulla rivista medica Translational Psychiatry ha scoperto che gli acidi grassi omega-3 possono ridurre i sintomi del disturbo Depressione Maggiore.

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Esaminando 13 studi randomizzati, controllati con placebo che coinvolgono 1.233 partecipanti che soffrono di questa condizione, i ricercatori hanno osservato che dosi più elevate di acido eicosapentaenoico (EPA) è particolarmente vantaggioso. Con crescente consapevolezza dei ruoli importanti giocati da acidi grassi omega-3 nel controllo e nella prevenzione di una vasta gamma di malattie, lo studio fornisce ulteriori prove che garantire un apporto ottimale di questi micronutrienti essenziali può migliorare e proteggere la nostra salute.

Un disturbo mentale comune che colpisce circa 350 milioni di persone in tutto il mondo, la depressione è descritto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come la principale causa del mondo della disabilità e contribuisce in modo importante al carico globale complessivo della malattia. Nei casi gravi  e di lunga durata, può portare ad una condizione di salute particolarmente grave che comporta un significativo aumento del rischio di suicidio. La seconda causa di morte nella fascia di età tra 15-29 anni, oltre 800.000 persone in tutto il mondo si ritiene muoiono ogni anno per suicidio.

I farmaci non funzionano

 

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I farmaci antidepressivi brevettati hanno dimostrato un tale insuccesso che le aziende farmaceutiche come la GlaxoSmithKline, AstraZeneca, Pfizer, Merck e Sanofi sono tutte segnalate per avere sostanzialmente dismesso la ricerca di nuovi trattamenti antidepressivi. Per quanto riguarda i farmaci esistenti, l’evidenza ci suggerisce pesantemente che fanno più male che bene e che il mercato dei farmaci antidepressivi hanno un sottaciuto lato oscuro che il‘business della malattia’ preferirebbe che i pazienti non ne parlino. Gli studi dimostrano che queste sostanze chimiche attraverso il coinvolgimento del cervello inducono ad alterare il modo di pensare e sono in grado di provocare ostilità, aggressività, violenza e persino il suicidio.

 

Approccio naturalistico alla salute per il controllo della depressione

In netto contrasto con i pericolosi dei trattamenti farmacologici per la depressione, la Translational Psychiatry meta-analisi è semplicemente l’ultimo di una lunga serie di studi di ricerca che dimostrano i benefici dei micronutrienti nella lotta contro questa condizione di salute. Nel 2014, per esempio, uno studio pubblicato sulla rivista Phytotherapy Research ha fornito evidenza clinica che la curcumina, il più abbondante fenolo naturale presente nella curcuma, può essere utilizzato come un elemento sicuro ed efficace per il trattamento di pazienti con disturbo Depressivo Maggiore. Un micronutriente con un’ampia gamma di effetti protettivi sulla salute, nei passati decenni la curcumina è stata ampiamente studiata per valutarne le proprietà antiossidante, anti-infiammatori, e gli effetti di modulazione del sistema immunitario.

Ulteriori ricerche hanno scoperto che la correzione della carenza di vitamina D nei pazienti depressi  è in grado di migliorare la loro condizione. In uno studio pubblicato sul Journal of Clinical Psychopharmacology e realizzato in Iran, i ricercatori hanno scoperto che, in uno studio clinico randomizzato, una singola iniezione di 300.000 UI di vitamina D era sicuro ed efficace nel migliorare la depressione nei pazienti che ne avevano dimostrato di esserne carenti.  La cronica carenza di vitamina D è ormai riconosciuto essere un problema in tutto il mondo, ed i bassi livelli sierici sono stati specificamente associati a sintomi depressivi, questa importante scoperta ha chiara rilevanza globale.

Ulteriori esempi di micronutrienti che hanno dimostrato di essere efficace nella lotta contro la depressione si includono la vitamina C, la acetil-L-carnitina,  evitamine del gruppo B.

Verso un mondo più felice, più sano

 

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Nel 2014, per l’industria farmaceutica i prodotti per la depressione ed altre patologie di salute mentale hanno rappresentato il settimo maggior incasso a livello  globale. Con un valore annuo complessivo di oltre 39 miliardi di dollari, i responsabili dell’industria farmaceutica interessa difendere questo mercato e cerca di impedire di farci conoscere l’efficacia dei trattamenti alternativi naturali non soggetti a brevetti. Se riescono a farla franca o meno questo dipende da noi.

 

Al fine di raggiungere un mondo più felice e più sano, per noi stessi e per quelli che ci sono cari, condividiamo i fatti concernenti  i trattamento naturali per la depressione in modo più ampio possibile. Forse, se molti di noi ci impegneremo in questo, forse saremmo in grado di portare un po’ ‘più vicino un auspicabile obiettivo di un mondo migliore, di salute, di pace e di giustizia sociale.

Fonte: Dr. Rath Health Foundation

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Applicazioni Tecniche Europee

Circa 25 anni fa in organico nelle scuole medie inferiori c'era una materia che io ricordo con molto piacere: Applicazioni Tecniche. Era una materia con disparità di genere pertanto un programma maschile ed uno femminile. Ad un certo punto i soliti ministri di minestra hanno deciso di abolilirla e contestualmente abolirono le squadre di Educazione Fisica riducendo gli organici e contribuendo as mettere sul mercato insegnanti senza cattedra o perdenti cattedra. Oggi per raschiare il fondo del barile dei fondi europei si inventano un o strumento nuovo, gli Atelies creativi, i Fatlabs, i Laboratori di Robotica. Guarda caso proprio per le scuole primarie e secondarie specialmente di primo grado.

Ma tutti quei Docenti di Applicazioni Tecniche che ci hanno insegnato a fare i Makers per ben tre anni? Qui si tratta di corsi e ricorsi storici e di tagli alla spesa pubblica essenzialmente, quei tagli che hanno portato alla squalificazione laboratoriale degli ITI e Professionali dove si fa solo teoria e poca prassi. Metodiche disgraziate e scellerate che hanno snaturato anche lIstituto Superiore di Educazione Fisica, all'apice dell'eccellenza sportiva per mezzo della pratica assidua giornaliera con frequenza obbligatoria, oggi corso di studi detto universitario dove la pratica sportiva è spesso opzionale o tematica sicchè ognuno fa quello che vuole riducendo le possibilità di conoscenza.

L'articolo su ifinanziamenti in questione recita così:

Il Miur mette 28 milioni per portare fablab, atelier creativi, e kit di robotica nelle scuole

 

È stato pubblicato questa mattina, sul sito del Ministero dell’Istruzione, l’Avviso da 28 milioni di euro per dotare le scuole del I ciclo di istruzione di nuovi spazi didattici per l’apprendimento delle competenze tecnologiche di base, da coniugare con la manualità, l’artigianato e la creatività. Il finanziamento fa parte dei fondi delle azioni del Piano Nazionale Scuola Digitale. L’intento è far diventare i laboratori didattici dei ‘FabLab’, ovvero degli atelier creativi si fa didatticacon il supporto di stampanti e scanner 3D, di kit per la robotica e per la programmazione informatica. 

 

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La procedura di selezione per gli atelier creativi si svolgerà online e le scuole, per la prima volta, saranno accompagnate nel processo di elaborazione delle loro proposte attraverso sedute in live streaming di supporto amministrativo e tecnico organizzate dal Miur. Ogni progetto vincitore potrà avere uncontributo massimo pari a 15 mila euro. Tutte le istituzioni scolastiche ed educative statali del I ciclo di istruzione, singolarmente o in rete, che dispongano di spazi idonei e disponibili, sono invitate a presentare le loro idee per costruire atelier creativi per i propri alunni, luoghi incentrati su arredi mobili e modulari, sul gioco educativo e sul protagonismo degli studenti attraverso apprendimento pratico ed esperienziale.

I progetti potranno essere per atelier standard, funzionali al conseguimento delle competenze di base, oppure specializzati, finalizzati al conseguimento di competenze per una specifica area disciplinare (Tecnologica, Scientifica o Umanistica). “Con i 28 milioni stanziati finanzieremo 1.860 progetti, coprendo oltre un terzo delle scuole del I ciclo. Un successivo finanziamento arriverà dal Pon” ha commentato il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini.

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