Il nuovo volto della mafia non è più quello tipico di una volta, raccontato al cinema e in tanta letteratura. Sempre più camaleontiche, capaci di infiltarsi nella società attraverso la corruzione, le organizzazioni criminali e mafiose oggi la fanno da padrone anche nell’alta finanza e in molti settori stratetigi, ecco un percorso di letture per saperne di più.
Le mani sulla città. Quelle della mafia. Nel libro Mafie urbanistica. Azioni e responsabilità dei pianificatori nei territori contesi alle organizzazioni criminali(Franco Angeli) Daniela De Leo ricostruisce il modo in cui le organizzazioni criminali riescono ad infiltrarsi nel sistema degli appalti e persino della pianificazione urbana. Grazie alla corruzione, ma anche approfittando più semplicemente delle opacità normative, della mancata condivisione delle scelte urbanistiche da parte di chi amministra, per cui poi alle gare non partecipano sempre imprenditori “sani”… Con questa ricerca De Leo sottolinea l’assoluta necessità di indagare, in maniera più sistematica, le relazioni esistenti tra pianificazione urbanistico-territoriale e organizzazioni criminali. Ma racconta anche alcune significative pratiche di contrasto e, soprattutto, ricerche che hanno permesso di porre il problema all’attenzione della comunità scientifica nazionale e internazionale.
Contro la retoriaca dell’antimafia . Libro scomodo, il nuovo lavoro diGiacomo Di Girolamo, Contro l’antimafia (Il Saggiatore), ha l’impeto di un pamphlet contro la retorica dell’antimafia che ha «finito per rendere la memoria un feticcio, svuotandola di contenuti». Giornalista siciliano che ha vissuto come molti altri della sua generazione ha vissuto la strage di Capaci del 1992 come una «chiamata alle armi», Di Girolamo se la prende con «l’oligarchia dell’antimafia» che finisce per fare il gioco della mafia, ostentando un apparato retorico che nasconde il vuoto di azioni concrete. .Autore del libro Messina Denaro, l’invisibile, (sul potente boss di Cosa nostra ancora in libertà), Di Girolamo afferma di non aver mai avuto paura della mafia come oggi, di fronte all’attribuzione di patenti di antimafioso assegnate con troppa leggerezza, di fronte all’impossibilità di fare una critica all’antimafia che storicamente ha avuto grandissimi meriti ma che- accsa il giornalista – «oggi è ridotta alla reiterazione di riti e mitologie, di gesti e simboli». «Questo circuito autoreferenziale, che si limita a mettere in mostra le sue icone nel prete coraggioso, il giornalista minacciato, il magistrato scortato, – scrive Di Girolamo – non aiuta a cogliere le complesse trasformazioni del fenomeno mafioso. In questo modo si insinuano impostori e speculatori. Intorno all’antimafia ci sono piccoli e grandi affari, dai finanziamenti pubblici ai «progetti per la legalità» alla gestione dei beni confiscati, e accanto ai tanti in buona fede c’è chi ne approfitta per arricchirsi, per fare carriera o per consolidare il proprio potere, in nome di un bene supremo».
La mafia non è solo un problema del Sud E’ in uscita il 10 aprile il saggio diAndrea Leccese Maffia & Co (Armando editore) in cui sono passati a vaglio critico alcuni falsi miti sul fenomeno mafioso. A cominciare dal fatto che riguardi solo il sud. “Maffia” è un termine toscano, fa notare Leccese (che nel 2009 ha vinto il premio “Paolo Borsellino”). Scritto con la doppia effe, fino al secondo dopoguerra, era usato anche per indicare ostentazione e boria. «Di fatto la mafia non è un problema confinato nell’area che va dalla Sicilia alla Campania ma, sin dalle sue origini, era più esteso», sottolinea l’autore. Nel libro – ecco il punto centrale – la mafia è analizzata come fenomeno imprenditoriale funzionale, sotto certi aspetti, alla società capitalistica stessa; un fenomeno che riesce ad arricchirsi e soprattutto a infiltrarsi nella società anche in periodi di crisi, per esempio finanziando imprese che arrancano e che trovano solo porte chiuse in banca. L’obiettivo della mafia, scrive Leccese, è anche diffondere una cultura “mafiosa” che superi il recinto dei “mafiosi in senso stretto”imponendo il proprio modo di fare affari, il proprio modo di gestire l’economia e le relazioni.
Per conntinuare ad approfondire:
Federica Angeli , Il mondo di sotto, Castelvecchi, in cui la giornalista ha raccolto le sue inchieste, su racket e corruzione a Roma
Isaisa Sales, Storia dell’Italia mafiosa, Rubettino. Sales analizza la lunga serie di intrecci tra Stato, mafie e società civile. Nel libro la storia della mafia, della ‘ndrangheta e della camorra viene ricostruita dalla nascita nel Mezzogiorno borbonico, allo sviluppo nell’Italia post unitaria, fino al definitivo affermarsi in età repubblicana, fino ai nostri giorni. E’ una sorta di grande affresco storico che individua le ragioni di fondo di un modello criminale il cui successo dura ininterrottamente da duecento anni.
Giuseppe Ayala, Chi ha paura muore due volte, Mondadori: il giudice Ayala ricorda i due attentati di Punta Raisi e di via d’Amelio, che segnarono il momento più drammatico della lotta contro la mafia in Sicilia. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino restano due simboli, non solo dell’antimafia, ma anche di uno Stato italiano che, grazie a loro, seppe ritrovare una serietà e un’onestà senza compromessi. E molto di più per Giuseppe Ayala, che di entrambi non è stato solo collega, ma grande amico.
Antonio Calabrò I mille morti di Palermo, Mondadori: Calabrò ricostruisce la «mattanza» degli anni Ottanta. La «Milano da bere». L’escalation cominciò il 23 aprile 1981, quando fu ucciso Stefano Bontade, «il falco», potente boss di Cosa Nostra. Un omicidio che scompaginò le file delle più antiche famiglie mafiose, ribaltando gerarchie, alleanze, legami d’affari. Ci sarebbero stati poi centinaia di altri morti . Quasi tutti per mano dei corleonesi di Totò Riina e Bernardo Provenzano e dei loro alleati, i Greco, i Brusca, i Marchese.
La foto è di Letizia Battaglia ed è esposta nella mostra Anthologica in corso nello spazio Zac a Palermo fino all’8 maggio