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Paulownia la pianta sconosciuta fonte di tante energie. In evidenza

Paulownia la pianta sconosciuta fonte di tante energie.

Roma, storia di Alessandro e Fabrizio: i due trentenni che scommettono sulla pianta del surf

 

A Vermicino il laboratorio di una nuova green economy. "Così portiamo in Italia la coltivazione della Paulownia"

Roma, storia di Alessandro e Fabrizio: i due trentenni che scommettono sulla pianta del surf

La paulownia 

PER qualcuno sono i nuovi pozzi di petrolio, per altri solo delle piante dal nome esotico e ancora sconosciuto ai più. Si chiama Paulownia, viene dalla Cina, ne esistono 12 varietà e dal clone creato in vitro, senza nulla aggiungere al Dna, c'è un business pronto ad esplodere. Non ci hanno messo molto a capirlo due trentenni, l'agrario Alessandro Iannone e il project manager, Fabrizio Marangi che dalla loro base logistica a Vermicino sono riusciti a coltivare a Roma diversi ettari di terreno con l'albero del futuro.
Il progetto è partito un anno fa, ma dopo 12 mesi la start up ha chiuso in attivo. "Un successo - ragiona Marangi - anche perché non abbiamo avuto finanziamenti pubblici. Appena ho intuito le potenzialità, ho telefonato ad Alessandro, gli ho detto: "Vieni, abbiamo tra le mani il futuro della green economy". Anche lui ci ha creduto ed è iniziata l'avventura. Per molto tempo siamo andati alla ricerca di terreni incolti per proporre ai proprietari di avviare dei business alternativi. All'inizio non è stata semplice, ma ora c'è anche chi ci viene a cercare".

Si narra che fosse l'albero preferito da Alessandro Manzoni, all'ombra del quale scrisse "I promessi sposi", ispirò D'Annunzio per l'intenso profumo nel giardino della sua abitazione di Pescara. Certo è che dal legno della Paulownia sono nate le chitarre della Fender, quelle utilizzate anche da Jimi Hendrix, ma la tradizione è ancora più antica perché dalla lavorazione dei fusti sono stati creati anche gli zoccoli dei samurai. È ideale per realizzare tavole da snowboard, sci e surf: "Non a caso ci hanno contattato da Santa Marinella, paradiso per gli appassionati di sport acquatici, per avere informazioni perché vorrebbero realizzare una coltivazione per metterla a reddito, cioè per farla crescere e poi da lì ricavare la materia prima per le tavole".

È un legno leggero, due volte più di quello della quercia tanto che viene chiamata la "pianta di alluminio". È più resistente al fuoco del solito legno di faggio. Si asciuga in fretta, è un ottimo isolante e non trattiene molta umidità, qualità prediletta per la costruzione di finestre o porte. Dalle radici della Paulowniasi ricava la radica delle barche. Dei fiori, maestosi e profumati, sono ghiotte le api: il miele ricavato è leggero, trasparente e aromatico, occhieggia al più famoso di acacia. E le larghe foglie sono delle potentissime mangia CO2, ogni ettaro assorbe 1.200 tonnellate di biossido di carbonio pari a quelle emesse da un'automobile nel corso di 100mila chilometri. Per dire stop all'utilizzazione sempre più selvaggia dei boschi, creare oasi di questi alberi è il business di domani.

E nell'azienda agricola 3.0, la Paulownia rientra di diritto. Ci sono delle piantagioni in via della Muratella all'altezza di Fiumicino, altre in via di Malnome, proprio davanti alla discarica di Malagrotta. Sì perché tra le molte virtù dell'albero c'è anche quella di bonificare il suolo e di riuscire a rigenerarlo. Altre stanno nascendo a Tor Bella Monaca, mentre 10 ettari già si allungano a Tarquinia e Montalto di Castro. "Le piante - spiega Iannone - sono prodotte in Bulgaria per abbassare i costi di ricerca, arrivano in piccole zolle ma vorremmo riuscire a produrle qui". L'investimento è economico, ma il rendimento più che vantaggioso. "Un agricoltore - spiega Iannone - su un ettaro investe tra gli otto e i diecimila euro per la preparazione del terreno, poi c'è l'acquisto delle zolle (600 se ne piantano su ettaro) e la prima concimazione. Dopo un anno si effettua la prima potatura e dopo tre anni il legno è buono per essere utilizzato, ma dopo 13 anni la pianta muore. O, meglio, non è più utilizzabile per fini commerciali, ma resta un bellissimo arbusto ornamentale".

Non teme rivali, resistente come la quercia che però impiega 40 anni per raggiungere grandi dimensioni, la Paulownia ce ne mette appena tre. Sopravvive a meno 30 come a più 50 gradi, tanto che anche a Dubai hanno iniziato a capirne le potenzialità. Chissà che anche gli emiri non siano pronti alla svolta green.

Fonte: http://roma.repubblica.it/cronaca/2016/03/27/news/roma_storia_di_alessandro_e_fabrizio_i_due_trentenni_che_scommettono_sulla_pianta_del_surf-136390471/
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